venerdì 25 settembre 2009

L' imposizione della democrazia

Vogliono ancora farci credere che in Afghanistan si stia compiendo una missione di pace. Vogliono ancora farci credere che siamo tutti fessi. E ci riescono molto bene, in fondo.
Dopo l'attentanto di Kabul, che è costato la vita a 6 parà italiani, si sono susseguiti altri atti intimidatori contro i militari inviati dal nostro governo. Per fortuna con conseguenze meno gravi.
Ho sentito commenti nei TG del tipo: ormai i Talebani hanno perso di mano la situazione, non hanno più il controllo dei territori, sono in difficoltà.
Il conflitto afgano, perchè tale è, si combatte ormai da 8 anni.
E senza alcun risultato visibile. Anzi, in realtà la situazione è peggiorata.
L'obiettivo principale era la cattura di Osama Bin Laden. Introvabile.
Nel suo ultimo video ha quasi ragione Bin. Parla degli occupanti, delle morti che hanno provocato, dell' incolpevolezza del popolo afgano stesso. Diavolo di un Osama! Hai ragione!
La "missione di pace" provoca evidentemente solo morte, distruzione ed una incredibile escalation di rancore. Sia da parte degli occupati che degli occupanti.
Si è avviato un processo pericoloso che, senza mezzi termini, sta ulteriormente allontanando quel territorio e quel popolo dalla democrazia. Sempre che ne abbia bisogno.
Gli Usa inoltre hanno imposto al governo dell' Afghanistan un uomo corrotto, colluso con i corrotti, ma evidentemente elegantissimo. Questo non basta ai cittadini che, in gran parte, non si riconoscono in questa vita politica. I talebani, dal canto loro, cavalcano queste motivazioni per conquistare consensi a livello politico. E li ottengono con facilità.
I militari dell' ONU sono ormai visti come gli unici responsabili di ogni disgrazia afgana. Se loro non ci fossero non ci sarebbero i bombardamenti, le morti di civili tra cui tantissime donne, anziani, bambini.
Forse, il popolo afgano è abituato a scegliere il meno peggio.
E, in questo caso, il meno peggio sono i Talebani, molto più vicini culturalmente rispetto alla visione politico-economia e culturale occidentale.
Esportiamo la democrazia, con la forza ad un popolo che, probabilmente, non ne sentiva la necessità.
Sarebbe ora di curare la nostra di democrazia...

giovedì 3 settembre 2009

La mortificazione di un popolo.

"Se si vuole vedere e toccare con mano come si umilia e mortifica un popolo bisogna andare in Palestina."
Questa frase di Pompeo Onesti, avvocato e scrittore, riassume in poche ed essenziali parole lo stato disumano che vive il popolo palestinese.
Uomini, donne, bambini, anziani, ghettizzati e ridotti alla sopravvivenza. Umiliati ogni giorno da uno stato militare avverso che rende loro impossibile ogni attività che per noi sarebbe assolutamente normale.
Il lavoro, lo studio, il gioco. Ogni cosa è sotto il controllo dell' occhio israeliano che opprime con azioni lampanti o invisibili l' esistenza di questo popolo che, nonostante tutto, ha voglia di futuro.
L'operazione "piombo fuso" è stata l' ennesima ed inutile prova di forza che Israele ha voluto manifestare sia ai palestinesi che alla comunità internazionale.
Crimini di guerra spaventosi e continui hanno caratterizzato questo operazione militare che ha causato migliaia di vittime, la maggior parte delle quali civili. E tanti bambini.
Il muro di separazione, eclatante dimostrazione di barbarie umana. Ed è ancor più soffocante per l' animo di chiunque abbia un minimo di sensibilità che ciò avvenga per mano di chi, sulla propria pelle, ha vissuto il dramma dell' olocausto.
Occhio per occhio e dente per dente sembra essere invece il motto dello stato di Israele che pur di tenere completamente per se la "terra promessa" non disdegna, giorno dopo giorno, ora dopo ora, di martoriare militarmente e culturalmente un popolo che continua a sperare, incurante del disinteresse totale della "comunità internazionale". Maledetta terra promessa mi verrebbe da dire, gridare.
La palestina è ormai un ghetto. E il mondo intero, la vecchia Europa, la democratica America, stanno a guardare, impotenti o incuranti di un dramma che è sulla coscienza di ognuno di noi.
In questo quadro di grande pena e disumanità, riescono ad emergere fatti e movimenti che lasciano un filo di speranza per chi crede che anche la Palestina abbia diritto ad un suo stato.
La protesta nonviolenta. Contrapposiazione unica e naturale all' estremismo che, evidentemente, allontana le parti da una soluzione. L' estremismo palestinese dei razzi Kassam, dei Kamikaze e dei gruppi terroristici e l'estremismo di Stato Israeliano, perpetrato dall' esercito regolare innanzitutto, su mandato dei suoi politici. Gli uni e gli altri, risultato di politiche superficiali e mai chiare. E l' ONU ne sa qualcosa.
La protesta nonviolenta attecchisce sopratutto nei villaggi. E si sviluppa con forza e con impeto. Grazie alla partecipazione degli attivisti internazionali. E tra loro anche cittadini israeliani coscienti della deriva politica del loro paese.
Bil'in è diventato il simbolo della protesta nonviolenta in Palestina. Un villaggio umiliato dalla costruzione del muro di separazione e dalla confisca, da parte di Israele, del 60% del territorio.
Per la maggior parte campagna, campi, destinati alla produzione agricola, principale risorsa del territorio, improvvisamente sottratta hai suoi proprietari.
Economia ulteriormente mutilata ed ennesimo danno di una popolazione già costretta a vivere di stenti e privazioni.
L' umiliazione subita dal popolo palestinese è terribile. Ed è continua.
La scelta di Bil'in è dura e fragorosa.
Ogni venerdì cittadini di Bil'in, attivisti israeliani ed internazionali, manifestano pacificamente sul cantiere della vergogna, subendo, puntualmente le rappresaglie (spesso violente) delle' esercito Israeliano.
Quello che noi possiamo fare, subito, è parlare di questo dramma. Renderlo un argomento di discussione. Stimolare l'interesse della gente. Smuovere le coscienze.
Possiamo essere noi il punto di partenza per una protesta ampia e nonviolenta che renda priorità l' irrisolta questione israelopalestinese.

Alcuni siti per approfondire l' argomento:

http://www.bilin-village.org - Il sito ufficiale della comunità di Bil'in

Bil'in, a village of Palestine - Il gruppo ufficiale su Facebook