martedì 24 febbraio 2009

Il piatto di cozze e il politico (l' amministratore)

Considerazioni (semi)serie.

Amministrare, per alcuni politici (ma direi per molti, e forse per tutti) qualunque sia la ragione o il luogo del loro amministrare, è come mangiare un piatto di cozze. No, non le cozze di Taranto, le cozze nere. Quelle sono pratiche da consumare. Senza impegno alcuno, senza sforzo, spesso cadono da se dal loro guscio e ci tocca semplicemente raccoglierle dal fondo del piatto e portarle alla nostra bocca.

Gustarle e goderle con assoluta semplicità.

Le cozze di campagna invece, quelle che i francesi chiamano “escargots” e che in Italia, quella non terrona, si chiamano Lumache.

E che io chiamo cozze.

Quelle si che si affrontano con più impegno. Perché a differenza delle cozze nere che si schiudono come fossero profumate margherite al sole di maggio, le Lumache non sono tutte uguali. Alcune si! Alcune si arrendono, restano per metà fuori dal loro guscio, indifese, cotte, morte, con le loro antennine rigide che spesso, con una sorta di famelicismo crudele, noi azzanniamo estraendo l’animale senza vita dalla sua dimora.

E ne gustiamo il minimo, ma intenso, sapore.

Le cozze “facili” sono i problemi semplici dell’ amministratore. Quelli che spesso vengono subito affrontati, quelli che non portano fatica, che non prevedono sforzo, quelli che spesso si risolvono con semplicità, con naturalezza e che probabilmente non hanno bisogno nemmeno di un politico per essere risolti, ma semplicemente di uomini di buona volontà.

Poi ci sono le cozze del ceto medio. Quelle che, pur morte, fanno capolino dal loro anfratto calcareo, fanno cucù, quasi per deriderci prima di essere divorate dalle nostre insaziabili bocche. Possiamo usare lo stuzzicadenti per tirarle fuori, oppure fare un forellino sulla parte opposta del loro guscio, e poi succhiarle come fossero della fresca coca-cola. Invece sono cozze. Le vinciamo spesso con colpi netti che ce le fanno ritrovare diritte in gola, saltando le papille gustative e quindi l’unico piacere che ci è concesso.

Queste cozze rappresentano i problemi che il politiico (l' amministratore) risolve, ma non è merito suo, è merito dello stuzzicadenti. E infatti non ha sodddifazione alcuna di questo risultato, perchè non può apprezzarne il sapore.

Alcune cozze però sono testarde. Resistono. Mentre vivono la loro cottura, si raggomitolano nella loro tana, più in fondo che possono, si aggrappano alle pareti del loro rifugio. E ci danno del filo da torcere. Non servono stuzzicandenti! Non c'è forellino che tenga!

Non mi avrai uomo, donna o bambino che tu sia!

Queste rappresentano i problemi reali del nostro presente. Quelli che il politico (l'amministratore) evita, sfugge, ignora, demanda, disconosce, nasconde, rimanda.

Quelli per la cui soluzione si è proposto in campagna elettorale.

E che ora getta mestamente nel dimenticatoio.

Sono quelle cozze che non sono gusci vuoti. Sono quelle che non siamo in grado di mangiare e che gettiamo nel padellino delle "bucce" arrendendoci mestamente.

lunedì 16 febbraio 2009

Il "Merda Wall" di D'Alia contro Internet

Il senatore D'Alia dell'UDC vuole oscurare la Rete. Ha proposto un emendamento, approvato in Senato, a un disegno di legge di Brunetta che obbligherà i provider a oscurare siti, blog o social media come YouTube e Facebook su richiesta del ministero degli Interni per reati di opinione, ad esempio un filmato o un gruppo che invitano a non osservare una legge considerata ingiusta. Senza nessuna sentenza della magistratura. Questo, oggi, avviene solo in Cina. In una dittatura. I cinesi hanno eretto contro l'informazione di Internet un "Golden Wall", si sono ispirati alla Muraglia Cinese. D'Alia vuole costruire un "Merda Wall", si è ispirato allo psiconano.
Il vero concorrente di Mediaset è YouTube. Mediaset non la comprerei neppure se me la regalassero. La pubblicità sta abbandonando la televisione e l'informazione si fa in Rete. Mettere Internet sotto il controllo del potere esecutivo vuol dire chiuderla di fatto e tappare la bocca ai cittadini liberi.
Marco Pancini di Google ha dichiarato:"No, le leggi ad Aziendam che poi hanno un impatto su tutto l’ecosistema non si possono fare. E bisognerebbe evitare di portare l’Italia a livello dei peggiori paesi del mondo in fatto di reati d’opinione". L'Italia stessa è ormai un Paese ad Aziendam e in quanto a perseguire reati di opinione non siamo secondi a nessuno.

(fonte: www.beppegrillo.it)

venerdì 13 febbraio 2009

Depuratori salentini: un sistema che fa acqua!

E' stata presentata a Lecce, presso la sede provinciale del Csv Salento, in via Gentile 1, l'inchiesta realizzata dalla redazione di Volontariato Salento, il mensile del Csv. E' difficile ricostruire il quadro reale del sistema di depurazione salentino. I motivi? La problematicità nella conoscenza dei dati e nell’accesso agli atti – anche perché è in corso l’adeguamento dell’intero parco depurativo regionale –, la frammentazione esasperata della geografia dei depuratori, troppi strumenti legislativi, nazionali e locali, che non riescono a dare un quadro unico e certo. Nel 1995 esistevano 7 impianti attivi che, oltre a servire la fognatura dinamica dei rispettivi abitati, accoglievano i bottini di tutto il Salento (Lecce-Surbo, Galatina-Soleto, Matino, Poggiardo, Specchia, Ugento e Uggiano La Chiesa). Oggi il numero degli impianti è cresciuto in modo esponenziale, passando da 7 a 42 depuratori funzionanti (sei volte di più rispetto a 14 anni fa) su un totale di 49 (contando i 7 non ancora a regime di Alliste, Carmiano, Carpignano Salentino, Casarano nuovo, Porto Cesareo, Uggiano La Chiesa nuovo e Vernole).

Di questi, 38 hanno una potenzialità inferiore ai 30.000 abitanti equivalenti (unità di misura stabilita dall'articolo 74 comma 1 lett. a) del D.Lgs. 152/06). E il "Piano di interventi urgenti a stralcio del Piano di Tutela della Acque" della Regione Puglia, ha evidenziato che, in provincia di Lecce, il trattamento del carico organico potenziale delle acque reflue viene garantito solo per il 39%. Perché? Molti impianti risultano sottodimensionati rispetto alla reale portata dei reflui, e solo 10 sono "terziari", dotati cioè di una capacità di abbattimento del carico inquinante maggiore rispetto ai primari e secondari.

"Un sistema di depurazione mal gestito e incontrollato, come quello emerso dall'indagine, ha conseguenze di proporzioni drammatiche – ha affermato Luigi Russo, presidente del Csv Salento –. Per dare un'idea, è come se 18 km di camion di autospurgo o 39 piscine olimpioniche ogni giorno venissero gettati in mare oppure in falda. E il numero dei depuratori nelle provincia di Lecce sono 10 in più rispetto a quelli nella provincia di Bari, che pure ha una popolazione doppia. Ma i problemi nascono dal fatto che non si può pensare di nascondere il rifiuto, e gli amministratori devono avere ben chiaro quello che sta succedendo". Occorre anche "colmare le carenze sul fronte del controllo – ha spiegato Paolo Sansò, Associato di geologia ambientale all'Università di Lecce –, far sì che i tecnici concretizzino le attività di verifica, che sia portato avanti un monitoraggio costante". L'accento è stato puntato anche sul fatto che "ci sono grossi ritardi nella programmazione e negli interventi – ha precisato Carla Quaranta, redazione di Volontariato Salento - non si è tenuto conto di un approccio integrato ed è mancato il coordinamento tra le forze e le autorità d'indagine".

Entrando nel dettaglioPer quanto riguarda i recapiti finali per lo smaltimento dei reflui depurati, dei 49 impianti esistenti in provincia, ufficialmente ad oggi 8 continuano a recapitare nel sottosuolo (esclusi quelli già dismessi di Cutrofiano e Sogliano Cavour), 17 sul suolo, soprattutto in trincee disperdenti, per cui si sono a volte utilizzate ex cave riempite di materiale drenante, 16 in corpi idrici superficiali, cioè canali, spesso opere di bonifica di terreni paludosi o letti di torrenti di acque pluviali, 6 hanno recapito diretto in mare, di cui solo due, quello di Lecce e il nuovo di Santa Cesarea Terme, sono provvisti di condotta sottomarina. Al di là dei dati ufficiali dall'indagine emerge che i numeri degli scarichi in mare, come quelli in falda, sono di gran lunga superiori. Nello specifico, gli scarichi in falda sono vietati già da dieci anni con il Decreto Lgs n.152/99, ma dalla Relazione del Tavolo Tecnico Interagenziale Gestione sostenibile delle risorse idriche di Arpa Puglia, emerge che nel 2002 erano ancora 24 su 42 gli impianti salentini che immettevano le acque depurate direttamente in falda. Un numero ridotto a 16 nel 2006 ed oggi ufficialmente ad 8. Ma, in realtà, spesso i reflui riversati in corpi idrici superficiali vengono convogliati in vore, con seri rischi di inquinamento della falda: dagli 8 recapiti ufficiali si passa quindi ai 19 reali.

Le acque reflue, pur incanalandosi in corpi idrici superficiali più o meno lunghi, quando non sono convogliate in vore, solitamente raggiungono la costa riversandosi comunque in mare: ecco che dai 6 depuratori che ufficialmente recapitano in mare si passa ai 18 effettivi. Il risultato? Sui 261 km di costa salentina, il 5% (pari a 13,05 km) presenta un divieto permanente di balneazione a causa dell’inquinamento, in corrispondenza dello sbocco dei depuratori che recapitano in mare direttamente o indirettamente. Molto spesso, però, i divieti o non vengono evidenziati con cartellonistica adeguata o non vengono rispettati dai cittadini, anche in virtù del fatto che ufficialmente lo scarico avverrebbe attraverso corpi idrici superficiali e quindi senza l'obbligo di affiggere divieti.

L’adeguamento dell’intero sistema depurativo regionale ha previsto investimenti cospicui.
Tra gli altri, 108 milioni di euro sono stati attribuiti con delibera CIPE n.35/05, che nello specifico ha stanziato 38milioni di euro per il "potenziamento e/o adeguamento dei sistemi di depurazione". Ma si tratta di passi in avanti o da gambero? In realtà con la delibera n.1497 del 1 agosto 2008, la Giunta Regionale ha definanziato questi interventi, poiché il termine ultimo per l'impegno delle somme era fissato al 31 dicembre 2008. Proprio per non perdere i fondi a fine dicembre 2008, la Regione piuttosto che velocizzare i tempi per gli interventi già individuati nel 2006, ha preferito il loro definanziamento, destinando queste risorse ai progetti delle fogne pluviali. Nel Salento quindi non verranno attivati gli oltre 5milioni di euro previsti per i lavori programmati sugli impianti provinciali più grandi di Copertino, Gallipoli, Lecce e Maglie. Insomma una corsa all'incuria e all'indifferenza di tutti.

Significativo anche il cambiamento di rotta degli ultimi tempi, con la prospettiva di una netta inversione di tendenza. A pochi anni dalla loro realizzazione, si sta già verificando la chiusura di 2 impianti (Cutrofiano, Sogliano Cavour), la dismissione di altri 7 e la creazione di depuratori consortili medio-grandi. La politica dissennata della corsa ai depuratori ha portato allo spreco di risorse, ad un'esigua manutenzione degli impianti, alla non controllabilità del loro funzionamento.

Allora che fare?
Se non cresce la consapevolezza e la coscienza civica per fronteggiare e reprimere dal piccolo la logica legata al mondo del malaffare, se non si mettono a punto strategie integrate di controllo della spesa pubblica, se affianco a interventi di ripristino e risanamento ambientale non si avviano politiche dal basso di risparmio e di utilizzo razionale delle risorse, non c'è via di scampo: il degrado e lo scempio ambientale diventano inarrestabili e saranno i cittadini e le generazioni future a pagarne i costi. Ma non basta. Occorre presidiare il funzionamento degli impianti attraverso un coordinamento tra i soggetti predisposti al controllo, con l’ausilio delle associazioni che sul territorio si occupano di salute e tutela ambientale. Una corretta e puntuale informazione con l'istituzione di osservatori civici locali è certamente un contributo importante per tenere alta la soglia di attenzione e fare rete nel sostenere quel cambiamento culturale e morale ormai doveroso nella tutela e nella gestione della res publica.

Fonte: Centro Servizi Volontariato Salento

mercoledì 11 febbraio 2009

Senza titolo...

Adeguatevi a voi stessi, fatevi simili a lui. Lui è ciò che è, nè potrebbe essere altrimenti. Siate ciò che voi siete, ma con gioia.
Vivete la vostra vita, qualunque essa sia. Non vi rifiutate alle cure della vostra esistenza: vivetele. ponetevi dei problemi: risolveteli. Ma non fate che lo spirito venga coinvolto in essi. Voi non siete ciò che state facendo. Nulla di ciò che fate vi conclude, vi esaurisce.
Le cure della vita sono cosa delle mani o dell'intelletto, non dell'anima. fate ciò che ci si aspetta da voi, occupatevene. Ma non lasciate che la paura o l'angoscia si impossessino di voi, per così povere cose.
Riscoprite invece la gioia di essere: di sapervi, di riconoscervi. Ritrovate voi stessi nella solitudine, a colloquio col vostro spirito, o con una musica, o con un libro, o con il mare, con gli alberi, con il cielo. E non vi rifiutate alle passioni. Vivetela tutta, la vostra vita.

Anonimo